Titolo: Mille splendidi soli
Titolo originale: A thousand splendid
suns
Autore: Khaled Hosseini
Editore: Piemme
Anno: 2007
Pagine: 429
Formato: brossura
Prezzo: € 12.00 (da copertina ora, al tempo in
cui l’ho letto non saprei dire perché mi è stato regalato)
Sinossi:
A
quindici anni, Mariam non è mai stata a Herat. Dalla sua kolba di legno in cima alla collina, osserva i minareti in
lontananza e attende con ansia l’arrivo del giovedì, il giorno in cui il padre
le fa visita e le parla di poeti e giardini meravigliosi, di razzi che
atterrano sulla luna e dei film che proietta nel suo cinema. Mariam vorrebbe
avere le ali per raggiungere la casa del padre, dove lui non la porterà mai
perché Mariam è una harami, una
bastarda, e sarebbe un’umiliazione per le sue tre mogli e i dieci figli
legittimi ospitarla sotto lo stesso tetto. Vorrebbe anche andare a scuola, ma
sarebbe inutile, come dice sua madre, come lucidare una sputacchiera. L’unica
cosa che deve imparare è la sopportazione.
Leila è
nata a Kabul la notte della rivoluzione, nell’aprile del 1978. Aveva solo due
anni quando i suoi fratelli si sono arruolati nella jihad. Per questo, il
giorno del loro funerale, le è difficile piangere. Per Laila, il vero fratello
è Tariq, il bambino dei vicini, che ha perso una gamba su una mina antiuomo ma
sa difenderla dai dispetti dei coetanei; il compagno di giochi che le insegna
le parolacce in pashtu e che ogni sera le dà la buonanotte con segnali luminosi
dalla finestra.
Mariam
e Leila non potrebbero essere più diverse, ma la guerra le farà incontrare in
modo imprevedibile. Dall’intreccio di due destini, una storia indimenticabile
che ripercorre la storia di una paese in cerca di pace, dove l’amicizia e
l’amore sembrano ancora l’unica salvezza.
Distesa
sul divano, con le mani tra le ginocchia, Mariam fissava i mulinelli di neve
che turbinavano fuori dalla finestra. Una volta Nana le aveva detto che ogni
fiocco di neve era il sospiro di una donna infelice da qualche parte nel mondo.
Che tutti i sospiri che si elevavano al cielo si raccoglievano a formare le
nubi, e poi si spezzavano in minuti frantumi, cadendo silenziosamente sulla
gente.
«A
ricordo di come soffrono le donne come noi» aveva detto. «Di come sopportiamo
in silenzio tutto ciò che ci cade addosso.»
Recensione
di
FVonSexron
Quattrocentoventiquattro:
il numero delle pagine che, sono certa, vorreste non finissero mai. Ogni
lettore che si accinge a leggere questo capolavoro si ritrova a sperare ogni
istante di più che le pagine non finiscano mai, mai, mai.
Ci si
stupisce sempre un po’ notando che questo libro, che narra della storia di due
donne afghane i cui destini s’intrecciano indissolubilmente, è stato in realtà
scritto da un uomo. Dopo il libro Il
cacciatore di aquiloni, che racconta la toccante storia di due amici che scoprono
infine di essere fratelli da parte di padre, Khaled Hosseini ha deciso di
descrivere il suo paese natale – lui vive da anni negli Stati Uniti –,
l’Afghanistan, dal punto di vista di due donne, e come solo due donne
potrebbero viverlo.
Gli
anni della guerra fanno da sfondo – e non troppo, perché la sua presenza nelle
vite delle protagoniste è reale e ingombrante quanto può essere reale e
ingombrante un elefante nel vostro appartamento - alle storia di Mariam e Leila.
Mariam
è una harami, una bastarda, figlia di
un ricco signore di Herat; quando la madre di Mariam si impicca, uccisa dal suo
“male di vivere”, il padre della ragazza se ne libera dandola in sposa ad un
uomo molto più grande di lei. Il matrimonio di Mariam non va a gonfie vele,
tutt’altro. Rashid, il marito, è irascibile e la crede una disgrazia
capitatagli tra capo e collo per colpa della sua sterilità; ad ogni gravidanza
segue un aborto spontaneo, fino a che Rashid non è stanco di cercare di avere
eredi e smette di cercarla la notte.
Leila è
una ragazzina nata a cresciuta a Kabul; la madre soffre di bipolarismo a causa
della morte dei suoi fratelli nella jihad,
la guerra santa. Passa giorni ad essere il sole della casa di Leila, ma a
questi alterna momenti di buio più totale: la donna si chiude nella sua stanza,
al buio, senza cibo. La ragazzina cresce quindi con la figura di Tariq, figlio
dei vicini. Ben presto è comunque chiaro che Tariq non è un semplice amico per
Leila, ma è proprio la ragazza stessa a scoprirlo per ultima; prima della sua
partenza, per sfuggire alla guerra in Afghanistan, il ragazzo le porta via la
verginità e le lascia in dono il loro figlio. Dopo qualche giorno una bomba
esplode sulla sua casa, rendendola orfana. È così costretta a sposarsi a Rashid
– in Afghanistan c’è la poligamia –, che l’ha ospitata durante la convalescenza
dopo l’incidente. Leila lo sposa e subito tra lei e Mariam nasce una rivalità
feroce, in quanto Mariam si sente “prima donna” della casa e perciò in
competizione con Leila, più giovane, più bella e, soprattutto, dal ventre
fertile.
Nonostante
questo il loro rapporto, dapprima spigoloso, si smussa fino a diventare una
solida amicizia e a far nascere un importante sodalizio tra le due donne, un
sodalizio che salverà in parte le loro vite nel duro Afghanistan degli anni
della guerra.
Credo che
sia uno dei libri più emozionanti che io abbia mai avuto l’occasione di
leggere. Nonostante sia stato scritto da un uomo, è un libro che narra di donne
e ci sono pochi uomini al mondo – uno di essi è l’autore – in grado di
comprendere davvero l’animo di una donna. Solo le donne possono carpire fino in
fondo l’anima così femminile e complessa di questo romanzo, solo le donne possono
comprendere i gesti delle due protagoniste, perché sono istinti che provengono
solo dall’animo di una donna.
La guerra
è un elemento cruciale del romanzo, uno sfondo che si fa spazio con prepotenza
nelle vite delle protagoniste; è quel tratto che, se fosse assente dal romanzo,
farebbe ad esso perdere ogni significato. La guerra in Afghanistan descritta da
Hosseini è crudele, è spietata, ed è il motore di tutto ciò che accade a Mariam
e a Leila. Senza la guerra, Mariam e Leila non avrebbero agito come hanno
agito. Senza la guerra non sarebbero diventate amiche, non avrebbero vissuto
nessuna delle esperienze che le ha segnate così profondamente.
Un romanzo
che, come la storia di Mariam e Leila, vale la pena di essere vissuto parola
per parola, fino all’ultimo punto.
è un genere verso cui mi considero ancora acerba, nel senso che non ho letto molti romanzi di questo tipo, però la tua recensione mi ha fatto venire voglia di leggerlo... complice il fatto che l'ho visto al mercatino dell'usato a un prezzo stracciato, credo proprio che lo prenderò! Un altro romanzo di questo tipo che ho preso poco tempo fa è Neve di Pamuk Orhan, per caso lo hai letto?
RispondiEliminaciao Eli (: a dire il vero no, non l'ho letto né sentito nominare. tu l'hai già letto, sai darmi un parere? il titolo comunque m'ispira un sacco, probabilmente complice il fatto che adoro l'inverno!
Eliminain ogni caso, se hai visto Mille splendidi soli all'usato a prezzo stracciato, ti consiglio di comprarlo. è una lettura che vale la pena di essere fatta, è davvero meraviglioso.
ps. prima di questo - e de Il cacciatore di aquiloni - ero anche io piuttosto scettica e non conoscevo nulla del genere, però mi sono davvero innamorata! (:
no, non l'ho ancora letto, ma penso che lo farò presto. Lo comprerò di sicuro, grazie del consiglio <3
RispondiEliminama figurati! ;) ❤
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